giovedì 16 maggio 2013

Dopo la disfatta il Bollettino della Vittoria




E' il 25 ottobre 1917. Sulla linea dell'Isonzo gli austriaci e i tedeschi attaccarono nella valle dopo aver annientato la prima linea italiana con i gas asfissianti. Fu la “disfatta di Caporetto”, ufficialmente 12^ battaglia dell’Isonzo, il momento più tragico per la lotta italiana sul fronte durante la prima guerra mondiale.Le difese italiane vennero completamente distrutte, cacciate in una disordinata ritirata, e le truppe austriache, accompagnate da quelle tedesche che avevano ormai lasciato il fronte russo dilagavano in Friuli facendo arretrare la nuova linea italiana fino al Piave.I dati ufficiali riportano: 11 mila morti, 30 mila feriti, 293 mila prigionieri in un luogo dove era comune vedere colonne di autocarri in ritirata, salme insepolte, civili in fuga.


Il comandante Luigi Cadorna, militare di vecchia impostazione e non più adatto alle "nuove guerre" venne sostituito al comando da Armando Diaz.
Vennero chiamati alle armi anche i giovani della classe 1899 e si apportarono migliorie nelle modalità di rapporto fra truppe e ufficiali. Probabilmente proprio per carenze in questo ambito venne persa la battaglia a Caporetto: l'artiglieria, sotto il comando del maresciallo Badoglio, non ricevette l'ordine di fare fuoco e le prime linee restarono scoperte sotto il fuoco nemico ed anche gravissimi furono gli errori commessi nell'arruolamento e nell'addestramento della nuove leve.
Così al 1918 la linea italiana su Piave riesce a resistere bloccando l'avanzata austriaca e sferrando un attacco decisivo il 28 ottobre 1918 che costrinse l'Austria-Ungheria a firmare l'armistizio con l'Italia il 3 novembre. Da qui divenne noto l'eroismo di quei soldati che vengono ricordati come "i cavalieri di Vittorio Veneto".
La proclamazione della vittoria arrivò il 4 novembre 1918 con il famoso Bollettino della Vittoria pronunciato dal generale Diaz.




Marcia Reale Italiana



Il bollettino della vittoria è qui accompagnato dalla Marcia Reale Italiana, composta nel 1831 da Giuseppe Gabetti, che fu l'inno nazionale fino all'avvento della repubblica anche se sempre accompagnata da Giovinezza durante il periodo fascista.







Fonti:
Marco Febo, Il Novecento, Verona : uso manoscritto, 2011
<http://it.wikipedia.org/wiki/Marcia_Reale> (16/05/2013)

Ritorno al post conclusivo

mercoledì 15 maggio 2013

Officine Putilov: Locomotiva dell’Impero russo e fornace della rivoluzione


Le Officine Meccaniche Putilov (Officine Kirov fino al 1848) erano la fabbrica più grande di San Pietroburgo, che aveva cambiato il suo nome in Pietrogrado dal 1914. In totale le officine davano lavoro ad oltre 12.000 uomini donne e bambini nel 1900 e lo stabilimento produceva per lo più locomotive, essenziali per assicurare le potenzialità del paese durante la guerra, cannoni e altri pezzi d’artiglieria, e altri grandi manufatti in acciaio nelle sue fonderie.

Nel 1917 si era alle porte della rivoluzione russa che scoppiò a causa delle disastrose carestie che erano seguito dell’aumento incontrollato dell’inflazione dovuta all'aumento della moneta in circolazione per le spese di guerra. In quell'anno a partire da febbraio scoppiò alle Officine Putilov uno sciopero ad oltranza che poi dilagò in moltissime altre industrie della città. Si arrivò così da questa protesta che coinvolse moltissimi operai alla cosiddetta Rivoluzione di Febbraio,  che vide la caduta del potere della dinastia Romanov dopo trecento anni di dominio. Durante la rivoluzione, invocata dai cortei all'ombra delle bandiere rosse e al suono  “Abbasso la guerra! Abbasso l'autocrazia” o "Pane, pace, libertà!” causò la morte di oltre millequattrocento rivoluzionari. Dopo questa data il potere 
                                         passo in mano ai Soviet.


Dopo la rivoluzione le Officine Putilov, ormai famose per le loro tradizioni rivoluzionarie, vennero rinominate Officine Putilov Rosse. La produzione delle Officine Putilov continua anche ai giorni nostri (oggi Officine Kirov) e, durante la seconda guerra mondiale, costruì il carrarmato russo T-34.

 “L’acciaio fuso colò lentamente nello stampo:
dagli sfiatatoi uscì sibilando il vapore della sabbia umida. Grigorij sapeva per esperienza quando alzare il crogiolo e interrompere la colata. «Il passo successivo è perfezionare la forma della ruota»
[…]Era già sistemata su un tornio e Grigorij fece un cenno a Konstantin, il tornitore, figlio di Varja.
[…]Avviò il motore elettrico facendo girare la ruota ad alta velocità e cominciò a 
                                                                                    rifinirla con una lima.” 
                                                                                                                (La caduta dei giganti - pagg. 105, 106)

Fonti:

Ritorno al post conclusivo

martedì 14 maggio 2013

Au Revoir But Not Goodbye (Soldier Boy)


L'immagine di questa opera musicale, del 1917, per piano e voce di Albert Von Tilzer, compositore americano mi ha molto colpito perché penso rappresenti in modo immediato i sentimenti di tantissime coppie e famiglie costrette a sciogliersi a causa della guerra ma poi, non sempre ritrovate.


Come anche quest'altra immagine dell'opera di Ed Rogers "Grand-Pa I'm going to be a soldier" può rappresentare una scena vista da moltissimi giovani costretti a lasciare la famiglia a causa della guerra.


"Billy si rese conto che stavano per lasciarsi. Gli venne voglia
di piangere e si trattenne a fatica.
[...]
Il nonno li strinse la mano. La mamma gli diede un bacio. 
Anche il papà gli strinse la mano, ma poi cedette all’emozione
e lo abbracciò. Billy non riusciva a ricordare l’ultima volta che
suo padre aveva fatto una cosa del genere." (La caduta dei giganti - pag 463)



Fonti:
<http://digital.library.msstate.edu/cdm/singleitem/collection/SheetMusic/id/27430/rec/1> (14/5/2013)
<http://webapp1.dlib.indiana.edu/inharmony/detail.do?action=detail&fullItemID=/lilly/devincent/LL-SDV-216026> (14/5/2013)

Ritorno al post conclusivo

domenica 12 maggio 2013

Se il mio tema fosse un film...

...sarebbe
"Il cielo d'ottobre"

E' un film di Joe Johnston (USA - 1999) con Chris Cooper, Laura Dern, Jake Gyllenhaal.
Durata 105 min.








Il film è tratto dalla vera storia dell'ingegnere della NASA Homer Hickam ed è ambientato nello stato della Virginia nel 1957 in una piccola città mineraria sullo sfondo del proibizionismo dell'alcol, del lancio dello Sputnik e della Guerra Fredda.
Un film che, pur spaziando temporalmente dal periodo della prima guerra mondiale che ho seguito maggiormente, rappresenta appieno il tema della guerra, non nel mero aspetto militare ma piuttosto in quello ideologico, nella corsa alla supremazia tecnologica, alla conquista dello spazio, allo sviluppo di armamenti nucleari.

mercoledì 8 maggio 2013

Un francobollo sul tema..


Francobollo Italiano da 25 L. stampato da I.P.S.Roma nel 1968 per il cinquantenario della morte di Francesco Baracca.

Francesco Baracca (1888-1918) fu un grande asso della Prima Guerra Mondiale che combatté sul fronte Italo-austriaco che con la serie di 34 aerei abbattuti rappresenta il massimo dell'energia umana al servizio della guerra, soprattutto in un epoca in cui il massiccio uso dell'aviazione era ancora un utopia.




Curioso che il fatto che il cavallino rampante nero, simbolo di Baracca, fu scelto da Enzo Ferrari per le sue auto da corsa ed è quello che ancora oggi si trova sulle famose automobili.


Non aveva idea di quanto tempo ci sarebbe
voluto perché venisse ripristinato un normale
servizio di posta, ma, quando fosse successo, voleva
che la sua lettera fosse in cima alla pila. Aveva
formulato il messaggio con grande attenzione, nel
caso in cui la censura fosse stata ancora in vigore 
(pag 878 – La caduta dei giganti)




domenica 5 maggio 2013

Un capolavoro dell’argomento…


Pensando ad un oggetto che rappresentasse un capolavoro del tema dell’energia della guerra e ricercando nella fascia temporale in cui il libro che sto analizzando si colloca, ossia quella della prima guerra mondiale, subito mi è saltata all'occhio la cosiddetta “Grande Berta”: un arma dall'eccezionale energia.

L/12 42cm Type M-Gerät 14
La Grande Berta è stata il secondo sviluppo di uno dei più imponenti pezzi d’artiglieria utilizzato dall'esercito tedesco durante la prima guerra mondiale. La costruzione, che venne affidata nel 1908 all'impero delle acciaierie Krupp, si prefisse l’ambizioso obiettivo di costruire un arma capace di sfondare tre metri di cemento armato e abbattere le torrette in acciaio delle fortificazioni francesi.
Il prodotto, che ufficialmente si chiamava “ L/12 42cm Type M-Gerät 14” era un obice pesante dal peso di oltre 43 tonnellate che sparava proiettili dal peso di 820kg ad una distanza di oltre 9km. La sua trasportabilità però era molto limitate infatti, poteva essere trasportata soltanto su rotaie.
"M42" La Grande Berta

È per questo che successivamente ne venne sviluppata una nuova versione, l’”M42”, ossia la famosa M-Gerät L/12 Dicke Bertha (Grande Berta) che, entrata in servizio nel 1914, era più leggera del modello precedente e quindi offriva maggiore mobilità.
Il nome deriva da Bertha Krupp, figlia del potente industriale tedesco, cui si aggiunge “grande” a causa dei proiettili di grosso calibro che sparava (420mm) che del 1917 arrivarono a pesare 400kg.



Il sito <http://www.kaisersbunker.com/cc/cc16.htm> offre molte immagini storiche della costruzione e del montaggio della Grande Berta.



Un forte rombo indusse Walter a guardare in direzione est. Non aveva mai visto il veicolo che si stava avvicinando, anche se ne aveva sentito parlare. Era un cannone che avanzava da solo, con una canna gigantesca e il meccanismo di sparo montato su un affusto a slitta dotato di un motore da cento cavalli. Era seguito da vicino da un camion massiccio, presumibilmente carico di munizioni altrettanto enormi. Dietro quelli giungevano un secondo e un terzo cannone.” (La caduta dei  giganti - Pag790)


Fonti:

venerdì 3 maggio 2013

Se il mio tema fosse un quadro..


...sarebbe:

Fortunato Depero, Ingranaggi di guerra (1923-1926)


Fortunato Depero (1892-1960, Rovereto) è stato pittore e famoso pubblicitario,
proprio della corrente del Futurismo. Le sue opere infatti sono diventate emblema del futurismo al punto che espose in gallerie organizzate da F.T.Marinetti (padre del movimento) i quali intenti erano quelli di raccogliere tutto il meglio dell'arte futurista.

L'opera, Ingranaggi di guerra penso rappresenti alla perfezione, secondo i tipici tratti futuristi della scomposizione delle immagini in geometrie, il tema dell'energia e della guerra, peraltro capostipiti ideologici del futurismo.
Nel dipinto è lampante come l'ambiente della guerra rappresenti in tutto e per tutto la spersonalizzazione della persona: tutti sono uguali e nessuno si distingue. Forte anche l'immagine di energia che l'opera mostra: le esplosioni, l'attacco dei soldati, la postazione dei cecchini rifugiati nella trincea.

Come curiosità è interessante notare che Depero è diventato noto soprattutto per la sua attività di pubblicitario: è stato lui infatti a disegnare quella che ancora oggi conosciamo come la tipica forma della bottiglietta del "Bitter Campari".




« L'arte dell'avvenire sarà potentemente pubblicitaria. »
(Fortunato Depero, Manifesto dell'arte pubblicitaria1932)









Fonti:
<http://myfullresearch.wordpress.com/2012/08/14/universo-pubblicitario-depero/> (3/5/13)
<http://it.wikipedia.org/wiki/Fortunato_Depero> (3/5/13)

Ritorno al post conclusivo