sabato 15 giugno 2013

Conclusione del Blog

Il periodo delle lezioni è finito e per concludere il lavoro svolto sul blog in modo organico potrebbe essere utile questo post che vuole indicare i vari argomenti trattati anche per poterli visualizzare con maggiore facilità.
Il blog è stato iniziato con il post di presentazione che indica in qualche modo la direzione che ho voluto prendere nell’approfondire la ricerca.
Il libro scelto come filo conduttore del blog è stato “La caduta dei giganti” di Ken Follett del quale ho riportato le mie impressioni sulla lettura.
L’argomento di approfondimento scelto è stato Tecnologia, Energia e Guerra. È un campo di ricerca piuttosto ristretto che però offre comunque spunti interessanti.
Se inizialmente l’intento era quello di trattare l’argomento in tutte le epoche storiche in realtà il blog si è focalizzato principalmente, se non per qualche excursus in altre epoche, sulla storia del novecento ed in particolare sugli anni del primo conflitto mondiale, anni di ambientazione storica del romanzo.
È stata presentata una ricerca sull’etimologia della parola energia e poi un abecedario: mezzi utili per fare chiarezza sul tema.
Per quello che riguarda l’energia in senso stretto sono stati sviluppati vari approfondimenti. Due in particolare sul carbone e sulle relazioni fra carbone e guerra, un altro che, parlando della flotta inglese, la Royal Navy, si avvicina al mondo del petrolio, ed un ultimo che parlando della Transiberiana si avvicina al tema della locomozione a vapore.

Oggetto di attenzione sono state, parlando di mondo industriale, le officine Putilov di San Pietroburgo che sono state il massimo centro di produzione degli ultimi anni del regime zarista durante il primo conflitto mondiale.
Oggetti di attenzione sono stati: La grande Berta, un mastodontico pezzo d’artiglieria dell’esercito tedesco che ha tenuto il primato in fatto di potenza di fuoco per molti anni, e, con un collegamento forse un po’ particolare, le macchine da cucire che, ancora azionate manualmente, hanno svolto l’arduo compito di preparare tutte le uniformi dei soldati coinvolti nella guerra.

Cercando in qualche modo dei simboli che rappresentassero l’argomento di approfondimento ho osservato il quadro “Ingranaggi di guerra” del futurista Fortunato Depero; il francobollo italiano dedicato a Francesco Baracca, grande asso italiano della prima guerra mondiale; l’opera “Au RevoirBut Not Goodbye (Soldier Boy)” del 1917 che rappresenta un po’ l’aspetto di divisone sociale che la guerra ha rappresentato; il film “Il cielo d’ottobre” che rappresenta gli anni della guerra fredda in cui le massime energie dei grandi potenti del mondo (USA e “blocco comunista”) si sono contrapposte nella lotta alla ricerca tecnologica.

Il post “Dopo la disfatta il bollettino della vittoria” ha in un certo senso l’intento di celebrare la vittoria italiana, dopo la disfatta di Caporetto, resa possibile anche grazie all’energia dei Cavalieri di Vittorio Veneto, neanche maggiorenni, della classe 1899.

martedì 11 giugno 2013

Uniformi e macchine da cucire

“Stavano cucendo uniformi dell’esercito inglese,
Pubblicità "Singer" risalente agli anni dell'operazione libica,
ne mostra l'utilizzo al campo militare
a migliaia, giubbe e calzoni. Giorno dopo giorno, i tagli di stoffa color cachi arrivavano da una fabbrica nella strada accanto, grossi scatoloni di cartone pieni di maniche, dorsi e gambe; loro li cucivano e li mandavano in un’altra piccola fabbrica, dove facevano le asole e attaccavano i bottoni. Eranopagate a seconda di quanti pezzi riuscivano a finire.
[…]
Mannie aveva
imparato il mestiere da suo padre, poi aveva messosu un’impresa più ambiziosa.
La guerra era una manna per i suoi affari. Da
agosto a Natale si erano arruolati come volontari un milione di uomini, e ognuno aveva 
bisogno di un’uniforme. Mannie stava reclutando
tutte le cucitrici che riusciva a trovare.”
(da “La caduta dei Giganti – pag 399”)
Il prototipo di Thimonnier


Anche se stabilirne la paternità è complicato le macchine da cucire risalgono alla seconda metà del diciottesimo secolo ma, la prima veramente funzionate, fu quella creata nel 1830 dal sarto francese Barthelemy Thimonnier.

Qual’ è il legame fra la macchina da cucire e il mondo della guerra?
Una delle prime macchine
da cucire "Singer"
In realtà è una relazione molto stretta infatti Thimonnier con la sua invenzione ebbe successo grazie ad un contratto con l’esercito francese per una produzione che poteva contare su 80 macchine per preparare le uniforme militari. La sua macchina poi andò distrutta e dopo molti giochi di brevetti e privilegi,
specialmente negli USA, si arriva al 1854 quando Elias Howe e Isaac Singer, uscenti da una lotta legale, fondarono un’ industria di macchine da cucire il cui marchio divenne famoso in tutto il mondo.
Le macchine da cucire dell’800 naturalmente erano tutte ad azionamento manuale ed erano “concepite per essere installate sulle stesse casse da imballaggio in cui venivano trasportate;  una rudimentale barra d'accoppiamento collegava il pedale alla ruota ingranata al bilico.”(1)
Le macchine a cucire di un tempo erano spesso decorate; occorre notare anche però che la produzione non
si focalizzava soltanto negli usa. Parallelamente infatti nasce il noto marchio PFAFF in Germania nel 1862 che vantava una velocità di cucitura di 200 punti al minuto mentre in Italia arrivano la Necchi nel 1919 (pubblicizzata “Vigor”) e la Borletti (che adottava lo slogan “punti perfetti”).

Il romanzo, La caduta dei giganti, ci porta con Ethel, giovane gallese, in una sartoria militare degli ultimi momenti antecedenti lo scoppio della guerra dove si stanno cucendo le uniformi dei soldati inglesi.
Il soldato britannico che entrava in guerra indossava un modello di uniforme militare costituito da una tunica di lana spessa di colore verde kaki (simile all’attuale verde militare). Era dotato di varie tasche per gli oggetti del soldato e le asole per il trasporto delle armi in dotazione. I vari scudetti rappresentativi del rango del soldato venivano cuciti o sulla spalla, nel caso in cui si trattasse di un ruolo di rilievo in un particolare reggimento, oppure sulla metà inferiore della manica per i gradi di ufficiale.
Inoltre il soldato aveva in dotazione anche una gavetta, una bisaccia dove conteneva effetti personali e una cintura di cuoio in cui portare le munizioni. Sulla cintura di cuoio si vedeva impresso il marchio “M. E. Co” ossia il nome dell’azienda Mills Equipment Company.

La Mills lavora già dal 1906 per l’esercito britannico quando riceve un ordine di prova di 1300 uniformi. Quest’ultimo, soddisfatto del risultato ottenuto, commissiona alla Mills Company la produzione delle divise che comincia nel 1908 su questo nuovo modello, indossato in tutta la prima metà della guerra, chiamato “Web Equipment, Pattern 1908”.


Fonti:

lunedì 10 giugno 2013

Impressioni sulla lettura..

Ormai la lettura del romanzo che è stato seguito come fonte di idee per approfondimenti del blog è finita da un po' ma ho pensato sarebbe stato utile riportare una breve impressione sul libro che ho stato letto.



"La caduta dei giganti" è un libro di Ken Follett pubblicato in Italia da Mondadori nel 2010.
Il romanzo trova ambientazione nel periodo che va dal 1911 all'inizio del 1924, ossia sullo sfondo della Prima Guerra Mondiale e della Rivoluzione Russa.
La storia è di fantasia ma sicuramente non mancano la presenza e il riferimento a personaggi e fatti realmente esistiti: a partire dal presidente americano Wilson ma anche Winston Churchill, re Giorgio V, Lenin e altri.
La trama, che si articola in un libro di quasi 1000 pagine, è molto articolata ma la scrittura, sempre avvincente, fluente e particolareggiata, rende facile la lettura del romanzo che si lascia divorare facilmente.

Le famiglie le quali il roamanzo tratta le vicende sono cinque:
- la famiglia del conte Fitzherbert, inglese;
- la famiglia Williams, gallese;
- la famiglia Peskov, russa di San Pietroburgo;
- la famiglia Dewar, americana;
- la famiglia Vyalov, americana di origine russa.
Queste cinque realtà nel testo sono strettamente messe in relazione fra loro ma mai con eventi forzati e irrealistici.

Gli spunti per il collegamento alla tecnologia nel testo sono moltissimi ed è per questo che ho deciso di prendere un campo di ispezione così ristretto.
La famiglia Williams fin dall'inizio del libro ci avvicina al mondo delle miniere di carbone ma poi la storia di Ethel Williams ci porta a conoscere le realtà delle lotte sociali e della sartoria così come il fratello Billy, ma anche il conte "Fitz" e Grigorij Peskov, ci portano a conoscere le realtà delle battaglie sul fronte e delle armi del primo conflitto mondiale. Si parla spesso anche di navi (trattando il problema degli attacchi tedeschi degli U-Boot, di cui in parte avevamo già trattato qui) e di treni (sia in Inghilterra che come mezzo di locomozione della Rivoluzione Russa).

In generale un libro, il primo di una trilogia, piacevole ma che offre una visione storica d'insieme molto realistica e dettagliata.

"Drammi, passioni, intrighi.
brulica di vita e di idee,
senza che il lettore perda mai il filo 
o avverta un briciolo di noia."

                                                                               Il messaggero

mercoledì 5 giugno 2013

Il petrolio e la Royal Navy



«La Royal Navy sta convertendo le navi dal
carbone al petrolio.»
Walter annuì. La maggior parte delle nazioni
progredite faceva lo stesso. Il petrolio era meno
costoso, più pulito e più facile da gestire; bastava
pomparlo nei serbatoi, anziché ricorrere a eserciti
di fuochisti neri di fuliggine.
(da "La caduta dei Giganti" - pag 152)



La Royal Navy:
è la marina militare delle forze armate britanniche che dal 1692 fino alla Seconda Guerra Mondiale è stata detentrice della più potente flotta al mondo e ancora oggi è la seconda in termini di tonnellaggio e una fra le più tecnologicamente avanzate.

Perché ebbe un ruolo fondamentale nello svolgimento del primo conflitto mondiale?
Durante la guerra, dal 1914 fino alla decisione di intervento degli Stati Uniti a favore degli alleati nel 1917, i combattimenti fra la marina militare inglese e quella tedesca furono brutali. Infatti la Germania, con i suoi sottomarini U-boot, attaccava indiscriminatamente navi militari, ma anche commerciali, inglesi e americane. Fu anche questo fatto che fece crescere nella popolazione USA, allora governata dal presidente Woodrow Wilson e inizialmente restia all’ingresso in guerra, la volontà di intervenire nel conflitto.

Si evince dalla storia come la scelta della Royal Navy di dotare la propria flotta di moderni motori a nafta fu vincente.
I tedeschi invece utilizarono per le navi ancora il carbone muovendosi quindi con maggiore lentezza e autonomia in quanto, come abbiamo già visto, potevano contare soltanto su rifornimenti in patria.
Questo ammodernamento diede alle navi inglesi grandi vantaggi in termini di velocità di spostamento, efficienza e affidabilità.
Infatti se fino ai primi anni del 900 l’adozione sulle navi di motori esotermici (a vapore) era legata al fatto che questi tipi di motori erano gli unici capaci di fornire le potenze necessarie, dotati di una ipotetica capacità di utilizzare qualsiasi tipo di combustibile e dotati di grande affidabilità, si è arrivati poi a sviluppare moderni motori endotermici che, con il progredire delle tecnologie, offrivano le stesse potenze dei vecchi motori a vapore prima in volumi comparabili ai precedenti e successivamente inferiori e con minor peso.
Un altro elemento di svolta della Prima Guerra Mondiale si vide con gli Stati Uniti che adottarono per la prima volta il carrarmato a benzina.
Per questi motivi spesso si identifica la Prima Guerra Mondiale anche come la “vittoria del petrolio sul carbone”.

La grande forza della Royal Navy e la certezza del flusso di approvigionamenti petroliferi era derivante dalla presenza militare inglese in medio oriente, il Regno Unito infatti poteva contare sui pozzi petroliferi del provveditorato britannico del Kuwait.
Questi territori erano controllati non solo dall’Inghilterra ma anche dalla Russia ed infatti non fu certo un caso che i due paesi si allearono per controllare militarmente questi paesi, strategici come riserva di carburante, in quanto una guerra reciproca in questi territori avrebbe sicuramente minato di conseguenza anche tutti gli altri fronti di guerra europei.
I tedeschi all’inizio della guerra capirono immediatamente l’importanza di queste risorse per i due paesi e cercarono di interrompere le linee di rifornimento.
Gli imponenti impianti russi di Baku (oggi capitale dell’Azerbaigian), già in crisi produttiva, furono il primo obiettivo da distruggere per le armate tedesche: questo fu possibile grazie anche al blocco navale sullo stretto di Dardanelli.
Le truppe turche invece, alleate della Germania, cercarono di attaccare in vari momenti gli impianti petroliferi delle truppe inglesi ma senza ottenere mai alcun successo.


Fonti:
<http://www.saturatore.it/Macchine%20Marine/Macchine%20Marine%20AN.pdf> (consultato 05/06/2013)
<http://it.wikipedia.org/wiki/Royal_Navy> (consultato 05/06/2013)
<http://www.liceoberchet.it/ricerche/geo4d_03/Medio_Oriente/breve%20storia_2lev.htm> (consultato 05/06/2013)

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lunedì 3 giugno 2013

Locomozione a vapore sulla Transiberiana

Billy si sarebbe ricordato per sempre ogni
minimo dettaglio dei seimila chilometri da
Vladivostok lungo la Transiberiana.
C’erano voluti ventitré giorni, malgrado un sergente 
armato si fosse appostato nella locomotiva per 
assicurarsi che il macchinista e il fochista 
mantenessero la velocità massima. [...]
Avevano vissuto di pane nero e carne di manzo in
scatola. Tuttavia per Billy ogni giorno era stato una
rivelazione. [...]
Per tutta la vita avrebbe conservato gelosamente
il ricordo di un’interminabile carovana di cammelli
lungo la linea ferroviaria; le bestie cariche
arrancavano pazientemente nella neve, ignorando il
ventesimo secolo che sfrecciava accanto a loro in

uno sferragliare di acciaio e uno stridio di vapore.
(da "La caduta dei giganti" - pagg 856,857) 

Questo come altri passi de “La caduta dei giganti” ci portano a focalizzare l’attenzione sui trasporti ferroviari al servizio delle truppe militari.
Al contrario di come si potrebbe pensare il grande sviluppo dei mezzi di locomozione e la loro meccanizzazione, su tutti le locomotive a vapore, è stato proprio l’artefice delle modalità di guerra di logoramento proprie del Primo Conflitto Mondiale. La presenza di mezzi di trasporto così veloci consentiva infatti una organizzazione logistica eccellente e, se da un lato a causa degli sviluppi delle moderne armi da fuoco la conquista di terreno in battaglia era cosa molto complessa, dall’altro la grande velocità di afflusso di riserve di supporto consentiva un pressoché immediato arresto delle avanzate nemica stabilizzandosi su nuovi fronti.

Generalmente le tradotte erano adibite al trasporto sia di cavalli che di truppe ma anche di materiale militare. Si svilupparono molto durante la seconda guerra mondiale con l’introduzione di alcuni vagoni adibiti a carri cucina come si può vedere dalle immagini di questo giornale dell'istituto luce del 1943.

Nel passo citato del testo, Billy, giovane militare del Galles, viene inviato in una poco ufficiale quanto pericolosa missione nel cuore della rivoluzione russa sotto il comando del colonnello Fitzherbert.
Sta viaggiando sulla transiberiana, la più importante linea ferroviaria russa che la attraversava in tutta la sua larghezza e che durante la prima guerra mondiale ebbe un importanza strategica per i rifornimenti ai fronti di guerra ma anche poi, assieme ad altre linee minori, per la rivoluzione d’ottobre.
La transiberiana fu anche importante fonte di attività economiche: vide infatti un fiorire di industrie metallurgiche e minerarie ma anche una moderna attività di costruzione di moderni ponti in acciaio per ferrovie.
Interessante notare che in Russia, per evitare agevolazioni nei confronti di eventuali invasori, si adottò il cosiddetto “scartamento largo” dei binari che misurava 1520 mm in confronto allo scartamento standard di 1435 mm delle altre ferrovie europee (utilizzato da George Stephenson nella sua locomotiva).



Interessante articolo sull'origine dello scartamento ferroviario.








Fonti:

giovedì 16 maggio 2013

Dopo la disfatta il Bollettino della Vittoria




E' il 25 ottobre 1917. Sulla linea dell'Isonzo gli austriaci e i tedeschi attaccarono nella valle dopo aver annientato la prima linea italiana con i gas asfissianti. Fu la “disfatta di Caporetto”, ufficialmente 12^ battaglia dell’Isonzo, il momento più tragico per la lotta italiana sul fronte durante la prima guerra mondiale.Le difese italiane vennero completamente distrutte, cacciate in una disordinata ritirata, e le truppe austriache, accompagnate da quelle tedesche che avevano ormai lasciato il fronte russo dilagavano in Friuli facendo arretrare la nuova linea italiana fino al Piave.I dati ufficiali riportano: 11 mila morti, 30 mila feriti, 293 mila prigionieri in un luogo dove era comune vedere colonne di autocarri in ritirata, salme insepolte, civili in fuga.


Il comandante Luigi Cadorna, militare di vecchia impostazione e non più adatto alle "nuove guerre" venne sostituito al comando da Armando Diaz.
Vennero chiamati alle armi anche i giovani della classe 1899 e si apportarono migliorie nelle modalità di rapporto fra truppe e ufficiali. Probabilmente proprio per carenze in questo ambito venne persa la battaglia a Caporetto: l'artiglieria, sotto il comando del maresciallo Badoglio, non ricevette l'ordine di fare fuoco e le prime linee restarono scoperte sotto il fuoco nemico ed anche gravissimi furono gli errori commessi nell'arruolamento e nell'addestramento della nuove leve.
Così al 1918 la linea italiana su Piave riesce a resistere bloccando l'avanzata austriaca e sferrando un attacco decisivo il 28 ottobre 1918 che costrinse l'Austria-Ungheria a firmare l'armistizio con l'Italia il 3 novembre. Da qui divenne noto l'eroismo di quei soldati che vengono ricordati come "i cavalieri di Vittorio Veneto".
La proclamazione della vittoria arrivò il 4 novembre 1918 con il famoso Bollettino della Vittoria pronunciato dal generale Diaz.




Marcia Reale Italiana



Il bollettino della vittoria è qui accompagnato dalla Marcia Reale Italiana, composta nel 1831 da Giuseppe Gabetti, che fu l'inno nazionale fino all'avvento della repubblica anche se sempre accompagnata da Giovinezza durante il periodo fascista.







Fonti:
Marco Febo, Il Novecento, Verona : uso manoscritto, 2011
<http://it.wikipedia.org/wiki/Marcia_Reale> (16/05/2013)

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mercoledì 15 maggio 2013

Officine Putilov: Locomotiva dell’Impero russo e fornace della rivoluzione


Le Officine Meccaniche Putilov (Officine Kirov fino al 1848) erano la fabbrica più grande di San Pietroburgo, che aveva cambiato il suo nome in Pietrogrado dal 1914. In totale le officine davano lavoro ad oltre 12.000 uomini donne e bambini nel 1900 e lo stabilimento produceva per lo più locomotive, essenziali per assicurare le potenzialità del paese durante la guerra, cannoni e altri pezzi d’artiglieria, e altri grandi manufatti in acciaio nelle sue fonderie.

Nel 1917 si era alle porte della rivoluzione russa che scoppiò a causa delle disastrose carestie che erano seguito dell’aumento incontrollato dell’inflazione dovuta all'aumento della moneta in circolazione per le spese di guerra. In quell'anno a partire da febbraio scoppiò alle Officine Putilov uno sciopero ad oltranza che poi dilagò in moltissime altre industrie della città. Si arrivò così da questa protesta che coinvolse moltissimi operai alla cosiddetta Rivoluzione di Febbraio,  che vide la caduta del potere della dinastia Romanov dopo trecento anni di dominio. Durante la rivoluzione, invocata dai cortei all'ombra delle bandiere rosse e al suono  “Abbasso la guerra! Abbasso l'autocrazia” o "Pane, pace, libertà!” causò la morte di oltre millequattrocento rivoluzionari. Dopo questa data il potere 
                                         passo in mano ai Soviet.


Dopo la rivoluzione le Officine Putilov, ormai famose per le loro tradizioni rivoluzionarie, vennero rinominate Officine Putilov Rosse. La produzione delle Officine Putilov continua anche ai giorni nostri (oggi Officine Kirov) e, durante la seconda guerra mondiale, costruì il carrarmato russo T-34.

 “L’acciaio fuso colò lentamente nello stampo:
dagli sfiatatoi uscì sibilando il vapore della sabbia umida. Grigorij sapeva per esperienza quando alzare il crogiolo e interrompere la colata. «Il passo successivo è perfezionare la forma della ruota»
[…]Era già sistemata su un tornio e Grigorij fece un cenno a Konstantin, il tornitore, figlio di Varja.
[…]Avviò il motore elettrico facendo girare la ruota ad alta velocità e cominciò a 
                                                                                    rifinirla con una lima.” 
                                                                                                                (La caduta dei giganti - pagg. 105, 106)

Fonti:

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martedì 14 maggio 2013

Au Revoir But Not Goodbye (Soldier Boy)


L'immagine di questa opera musicale, del 1917, per piano e voce di Albert Von Tilzer, compositore americano mi ha molto colpito perché penso rappresenti in modo immediato i sentimenti di tantissime coppie e famiglie costrette a sciogliersi a causa della guerra ma poi, non sempre ritrovate.


Come anche quest'altra immagine dell'opera di Ed Rogers "Grand-Pa I'm going to be a soldier" può rappresentare una scena vista da moltissimi giovani costretti a lasciare la famiglia a causa della guerra.


"Billy si rese conto che stavano per lasciarsi. Gli venne voglia
di piangere e si trattenne a fatica.
[...]
Il nonno li strinse la mano. La mamma gli diede un bacio. 
Anche il papà gli strinse la mano, ma poi cedette all’emozione
e lo abbracciò. Billy non riusciva a ricordare l’ultima volta che
suo padre aveva fatto una cosa del genere." (La caduta dei giganti - pag 463)



Fonti:
<http://digital.library.msstate.edu/cdm/singleitem/collection/SheetMusic/id/27430/rec/1> (14/5/2013)
<http://webapp1.dlib.indiana.edu/inharmony/detail.do?action=detail&fullItemID=/lilly/devincent/LL-SDV-216026> (14/5/2013)

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domenica 12 maggio 2013

Se il mio tema fosse un film...

...sarebbe
"Il cielo d'ottobre"

E' un film di Joe Johnston (USA - 1999) con Chris Cooper, Laura Dern, Jake Gyllenhaal.
Durata 105 min.








Il film è tratto dalla vera storia dell'ingegnere della NASA Homer Hickam ed è ambientato nello stato della Virginia nel 1957 in una piccola città mineraria sullo sfondo del proibizionismo dell'alcol, del lancio dello Sputnik e della Guerra Fredda.
Un film che, pur spaziando temporalmente dal periodo della prima guerra mondiale che ho seguito maggiormente, rappresenta appieno il tema della guerra, non nel mero aspetto militare ma piuttosto in quello ideologico, nella corsa alla supremazia tecnologica, alla conquista dello spazio, allo sviluppo di armamenti nucleari.

mercoledì 8 maggio 2013

Un francobollo sul tema..


Francobollo Italiano da 25 L. stampato da I.P.S.Roma nel 1968 per il cinquantenario della morte di Francesco Baracca.

Francesco Baracca (1888-1918) fu un grande asso della Prima Guerra Mondiale che combatté sul fronte Italo-austriaco che con la serie di 34 aerei abbattuti rappresenta il massimo dell'energia umana al servizio della guerra, soprattutto in un epoca in cui il massiccio uso dell'aviazione era ancora un utopia.




Curioso che il fatto che il cavallino rampante nero, simbolo di Baracca, fu scelto da Enzo Ferrari per le sue auto da corsa ed è quello che ancora oggi si trova sulle famose automobili.


Non aveva idea di quanto tempo ci sarebbe
voluto perché venisse ripristinato un normale
servizio di posta, ma, quando fosse successo, voleva
che la sua lettera fosse in cima alla pila. Aveva
formulato il messaggio con grande attenzione, nel
caso in cui la censura fosse stata ancora in vigore 
(pag 878 – La caduta dei giganti)




domenica 5 maggio 2013

Un capolavoro dell’argomento…


Pensando ad un oggetto che rappresentasse un capolavoro del tema dell’energia della guerra e ricercando nella fascia temporale in cui il libro che sto analizzando si colloca, ossia quella della prima guerra mondiale, subito mi è saltata all'occhio la cosiddetta “Grande Berta”: un arma dall'eccezionale energia.

L/12 42cm Type M-Gerät 14
La Grande Berta è stata il secondo sviluppo di uno dei più imponenti pezzi d’artiglieria utilizzato dall'esercito tedesco durante la prima guerra mondiale. La costruzione, che venne affidata nel 1908 all'impero delle acciaierie Krupp, si prefisse l’ambizioso obiettivo di costruire un arma capace di sfondare tre metri di cemento armato e abbattere le torrette in acciaio delle fortificazioni francesi.
Il prodotto, che ufficialmente si chiamava “ L/12 42cm Type M-Gerät 14” era un obice pesante dal peso di oltre 43 tonnellate che sparava proiettili dal peso di 820kg ad una distanza di oltre 9km. La sua trasportabilità però era molto limitate infatti, poteva essere trasportata soltanto su rotaie.
"M42" La Grande Berta

È per questo che successivamente ne venne sviluppata una nuova versione, l’”M42”, ossia la famosa M-Gerät L/12 Dicke Bertha (Grande Berta) che, entrata in servizio nel 1914, era più leggera del modello precedente e quindi offriva maggiore mobilità.
Il nome deriva da Bertha Krupp, figlia del potente industriale tedesco, cui si aggiunge “grande” a causa dei proiettili di grosso calibro che sparava (420mm) che del 1917 arrivarono a pesare 400kg.



Il sito <http://www.kaisersbunker.com/cc/cc16.htm> offre molte immagini storiche della costruzione e del montaggio della Grande Berta.



Un forte rombo indusse Walter a guardare in direzione est. Non aveva mai visto il veicolo che si stava avvicinando, anche se ne aveva sentito parlare. Era un cannone che avanzava da solo, con una canna gigantesca e il meccanismo di sparo montato su un affusto a slitta dotato di un motore da cento cavalli. Era seguito da vicino da un camion massiccio, presumibilmente carico di munizioni altrettanto enormi. Dietro quelli giungevano un secondo e un terzo cannone.” (La caduta dei  giganti - Pag790)


Fonti:

venerdì 3 maggio 2013

Se il mio tema fosse un quadro..


...sarebbe:

Fortunato Depero, Ingranaggi di guerra (1923-1926)


Fortunato Depero (1892-1960, Rovereto) è stato pittore e famoso pubblicitario,
proprio della corrente del Futurismo. Le sue opere infatti sono diventate emblema del futurismo al punto che espose in gallerie organizzate da F.T.Marinetti (padre del movimento) i quali intenti erano quelli di raccogliere tutto il meglio dell'arte futurista.

L'opera, Ingranaggi di guerra penso rappresenti alla perfezione, secondo i tipici tratti futuristi della scomposizione delle immagini in geometrie, il tema dell'energia e della guerra, peraltro capostipiti ideologici del futurismo.
Nel dipinto è lampante come l'ambiente della guerra rappresenti in tutto e per tutto la spersonalizzazione della persona: tutti sono uguali e nessuno si distingue. Forte anche l'immagine di energia che l'opera mostra: le esplosioni, l'attacco dei soldati, la postazione dei cecchini rifugiati nella trincea.

Come curiosità è interessante notare che Depero è diventato noto soprattutto per la sua attività di pubblicitario: è stato lui infatti a disegnare quella che ancora oggi conosciamo come la tipica forma della bottiglietta del "Bitter Campari".




« L'arte dell'avvenire sarà potentemente pubblicitaria. »
(Fortunato Depero, Manifesto dell'arte pubblicitaria1932)









Fonti:
<http://myfullresearch.wordpress.com/2012/08/14/universo-pubblicitario-depero/> (3/5/13)
<http://it.wikipedia.org/wiki/Fortunato_Depero> (3/5/13)

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domenica 14 aprile 2013

Il Carbone e la Guerra


L’energia e il possesso delle materie prime nell’ambito della guerra ha sempre avuto un ruolo fondamentale. In ogni epoca infatti le grandi potenze militari hanno sempre cercato di arraffare il più possibile queste fonti di sostentamento. Gli antichi romani per esempio necessitavano di moltissimi materiali da costruzione (pietre e malte), metalli (avevano miniere di piombo e rame in Spagna ma anche miniere di ferro) e moltissimo legname.
Il medioevo utilizza come principale fonte di energia il legname ma vede per la prima volta, a partire dal 1300 circa, la sostituzione con il carbone. Incomincia ad impiegare massicciamente anche l’energia del vento e l’energia dell’acqua per la navigazione, per la costrizione di mulini ed altri tipi di macchine come anche un grande sviluppo della metallurgia (collegamento al blog di Andrea Famà).
Arrivando poi più vicini ai giorni nostri hanno fatto da padroni assoluti sicuramente il carbone ed il petrolio insieme al possesso dei metalli.
Si è capito quindi che energia e materiali sono talmente importanti nell’economia della guerra che in moltissimi casi nella storia si sono viste scatenare guerre proprio per la corsa al possesso dell’energia e dei materiali.
Le guerre delle materie prime”  Giorgio Nebbia
Le nuove guerre del petrolio” Michael T.Klare su “Internazionale”

Ma in particolare perché l’energia per la guerra è così importante?
Fondamentalmente gioca un triplice ruolo:
  • La costruzione dei mezzi: navi, aerei, mezzi di trasporto terrestri, infrastrutture di supporto;
  • La costruzione delle armi: Armamenti per i soldati, macchine da combattimento e assedio (nel medioevo), cannoni, armi da fuoco, proiettili, bombe, armi chimiche, armi nucleari…;
  • La ricostruzione di ciò che è andato distrutto durante la guerra: dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale in poi si può parlare di “guerra globale” ossia che coinvolgeva non solo gli eserciti ma anche le popolazioni ed intere economie di paesi.


L’obiettivo di questo post però e andare a vedere qual’era il ruolo che nelle guerre ha avuto l’impiego del carbone.
Il problema principale dell’utilizzo del carbone, a parte quello dell’estrazione sul quale approfondirò una ricerca, era il trasporto. È infatti molto pesante e gli unici modo per poterlo trasportare erano sull’acqua (via mare o via fiume) o grazie alle ferrovie che originariamente , all’inizio del diciannovesimo secolo, si erano sviluppate proprio per questa ragione. Trasportarlo però per terra su lunghe distanze era complesso perché agli albori i treni non erano così affidabili e venivano utilizzati principalmente per trasportare il carbone ai punti di carico di navi particolari chiamate “carboniere”. Il costo del trasporto però era molto incidente sul prezzo del carbone ed è per questo che le nazioni in cui l’utilizzo del carbon fossile era più spinto erano proprio quelle nazioni che ne possedevano grandi giacimenti.
La produzione di carbone inglese
Prima su tutti l’Inghilterra, che ne possedeva una quantità tale da poterlo esportare. Più carbone estratto per l’Inghilterra significava avere più industrie e quindi più acciaio: Questa è stato il fondamento della costruzione dell’Impero Britannico. Solo successivamente grazie al carbone dell’Inghilterra, ma poi anche con quello tedesco, il massiccio sviluppo industriale si diffuse in tutta l’Europa.

Mi sono interessato nella ricerca in modo particolare alle vicende dell’approvvigionamento carbonifero Italiano.
Fino alla conclusione del primo conflitto mondiale il carbone italiano era quasi completamente di origine britannica che, grazie a questa connessione con l’Italia, aveva un punto d’appoggio privilegiato per le sue mire espansionistiche verso il nord Africa.
Alla fine della guerra però l’economia italiana si trovava sull’orlo del baratro e questo indusse all’importazione anche di carbone tedesco perché la Gran Bretagna non poteva più esportarlo in modo così massiccio. Comunque si è visto poi che anche la fornitura tedesca non è stata sufficiente per risanare l’economia Italiana che non si è mai veramente ristabilita fra la prima e la seconda guerra mondiale.
L'importazione italiana di carbone
(Si può notare l'interruzione delle forniture inglesi
 in coincidenza con la missione etiope)
Il partito fascista di mussolini arrivò a prendere al potere nel 1922, anche sfruttando proprio il malcontento che la crisi economica aveva generato, ma fece il colossale errore di non valutare la reale necessità energetica italiana: per costruire un forte impero l’energia era necessaria.
Poi nel 1935 l’Italia si lanciò nella missione Etiope. Questa fu vista come un insulto alla Gran Bretagna che sospese le forniture di carbone.
La reazione del governo fu quella di adottare politiche autarchiche, che costituivano principalmente propaganda, con il tentativo di sviluppare miniere di carbone italiane.
Questo però fu di fatto impossibile perché l’Italia era povera di carbone e le poche miniere della Sardegna coprivano a stento il 10% del fabbisogno energetico del paese.

Il giornalista italiano Ridolfo Mazzucconi scrisse nel 1940 della reazione inglese all’invasione dell’Etiopia.
In uno stralcio dei suoi articoli si poteva leggere
L'Inghilterra ordinò, con provvedimento repentino, la sospensione dell'inoltro di carbone tedesco a noi diretto via Rotterdam. In compenso, si offrì di sostituire la Germania nelle forniture di carbone: ma il servizio era subordinato a condizioni tali che accettarli sarebbe stato aggiogarsi al carro dell'interesse politico britannico e pregiudicare nel modo più grave la nostra preparazione bellica. Il governo fascista rispose con la dovuta bruscheria.”

mercoledì 10 aprile 2013

Il Carbone


L’intento di questo post è quello di aprire la strada ad un altro post di ricerca approfondita sulle relazioni fra il carbone e la guerra e ciò che il carbone ha rappresentato nei secoli della storia osservando l’influenza fondamentale che ha avuto anche sulla società, sull’industria, sull’energia. Mi focalizzerò principalmente fra l’ottocento e il novecento, dove l’utilizzo del carbone ha avuto la sua svolta decisiva, ma non solo. Anche oggi, ad esempio, l’utilizzo del carbone nella produzione energetica e nell’industria rappresenta circa un terzo del fabbisogno energetico mondiale.

Il carbon fossile è un minerale che nasce dalla sedimentazione di resti vegetali e materiali in ambienti anaerobici e modificati, come per il petrolio, da forti pressioni e temperature.
L’utilizzo del carbone come fonte energetica risale a centinaia di anni fa ed il commercio di questo minerale era già fiorente ai tempi dell’impero romano che lo utilizzava per il riscaldamento, insieme al legno.
La proprietà determinante che ha generato l’utilizzo massiccio del carbone è il suo alto potere calorifero, specialmente il Litantrace e l’Antracite (minerali ad alto contenuto di carbonio), che lo distingue da altri combustibili come il legname.
La parte da maestro il carbone l’ha avuta indubbiamente con la rivoluzione industriale nel XVIII secolo come mezzo per azionare a vapore come le caldaie dei mezzi di locomozione marittimi e ferroviari o anche i grandi macchinari produttivi dell’industria fiorente. Inoltre era affidabile, in quanto le consistenti riserve garantivano una fornitura continua, facile da stoccare, a differenza di altri combustibili gassosi o liquidi, ed in generale anche competitivo economicamente.


"Billy aveva scoperto con sorpresa che il terreno sotto i suoi piedi era formato da diversi strati, come una pila di fette di pane. Una vena di carbone -espressione che sentiva da quando era nato senza comprenderla appieno- costituiva uno di quegli strati. Gli avevano anche insegnato che il carbone è formato da foglie morte e altri vegetali che si sono accumulati nel corso di migliaia di anni e poi sono stati compressi dal peso della terra sovrastante."
da "La caduta dei giganti", pag 25.


Poteri calorifici di alcuni combustibili (in MJ/kg)
Fonte: “Wikipedia” 

Legna 
17
Carbone
33,5
Cherosene
43,5
Gasolio
44,4
Gas naturale
47,7


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martedì 9 aprile 2013

ABC


A come Ambiente
B come Benzina
C come Crisi (energetica)
D come Diga
E come Eolico
F come Fuoco
G come Gas naturale
come 
I come Inquinamento
L come Lavoro
M come Missile
N come Nucleare
P come Piano (energetico)
Q come Quanti (di energia)
R come Rinnovabile (collegamento al blog di Marco Parizia)
S come Sottomarino (collegamento al blog di Davide Revello)
T come Territori
come U-boot
come Velocità (collegamento al blog di Dario di Maio)
Z come Zang Tumb Tumb (Futurismo di T. Marinetti)

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