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Le
Officine Meccaniche Putilov
(Officine Kirov fino al 1848) erano la fabbrica più grande di San Pietroburgo, che
aveva cambiato il suo nome in Pietrogrado dal 1914. In totale le officine
davano lavoro ad oltre 12.000 uomini donne e bambini nel 1900 e
lo stabilimento produceva per lo più
locomotive, essenziali per assicurare le potenzialità del paese durante la guerra,
cannoni e altri pezzi d’
artiglieria, e
altri grandi
manufatti in acciaio nelle sue fonderie.

Nel 1917 si era alle
porte della rivoluzione russa che scoppiò a causa delle disastrose carestie che
erano seguito dell’aumento incontrollato dell’inflazione dovuta all'aumento della moneta in circolazione per le spese di guerra. In quell'anno a partire da
febbraio scoppiò alle Officine Putilov uno sciopero ad oltranza che poi dilagò
in moltissime altre industrie della città. Si arrivò così da questa protesta
che coinvolse moltissimi operai alla cosiddetta Rivoluzione di Febbraio, che vide la caduta del potere della dinastia
Romanov dopo trecento anni di dominio. Durante la rivoluzione, invocata dai
cortei all'ombra delle bandiere rosse e al suono “Abbasso la guerra! Abbasso l'autocrazia” o "Pane,
pace, libertà!” causò la morte di oltre millequattrocento rivoluzionari. Dopo
questa data il potere
passo in mano ai Soviet.
Dopo la rivoluzione le Officine Putilov, ormai famose per
le loro tradizioni rivoluzionarie, vennero rinominate
Officine Putilov Rosse. La
produzione delle Officine Putilov continua anche ai giorni nostri (oggi
Officine Kirov) e, durante la seconda guerra mondiale, costruì il carrarmato russo
T-34.
“L’acciaio fuso colò lentamente nello stampo:
dagli sfiatatoi uscì sibilando il vapore della sabbia umida. Grigorij sapeva per esperienza quando alzare il crogiolo e interrompere la colata. «Il passo successivo è perfezionare la forma della ruota»
[…]Era già sistemata su un tornio e Grigorij fece un cenno a Konstantin, il tornitore, figlio di Varja.
[…]Avviò il motore elettrico facendo girare la ruota ad alta velocità e cominciò a
rifinirla con una lima.”
(La caduta dei giganti - pagg. 105, 106)
Fonti:
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